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Lo Sport fa bene ... da morire

Pubblicato da Dr.Guidalberto Guidi in News · 14/2/2017 18:19:00
Tags: CoronaroTCcardiologosportdott.Guidi
Da quando Filippide corse fino a Maratona e stramazzò esanime al suolo, in tanti secoli non è cambiato nulla. Ancora oggi purtroppo assistiamo a tragedie che colpiscono sportivi anche ben allenati e preparati che muoiono improvvisamente durante lo sforzo fisico o subito dopo. In particolare ci ha colpito la scomparsa di Piermario Morosini, di Vigor Bovolenta, e la tragedia sfiorata di Fabrice Muamba, per citare casi di cronaca, atleti famosi e ben allenati. Attività fisica regolare e di media intensità è sicuramente fonte di benessere e salute, ma al contrario può diventare pericolosa se praticata senza adeguata preparazione, in modo estremo, e senza gli adeguati controlli medici. Su questo punto, visti anche molti articoli e servizi comparsi sui media ritengo necessarie alcune precisazioni. Dobbiamo ricordare che tutti gli sport di fatica rappresentano un potenziale rischio per la salute, per questo a livello normativo nazionale sono necessari accurati controlli clinici e strumentali da eseguire nei centri di Medicina dello Sport. In particolare l’esecuzione dell’elettrocardiogramma sotto sforzo e l’ecografia cardiaca restano esami strumentali essenziali per determinare lo stato di salute del cuore.

 
Secondo una ricerca danese condotta su individui sani, allenarsi come pazzi e restare perennemente sul divano comporterebbero quasi lo stesso rischio di morte prematura, correre troppo può fare male quanto la vita sedentaria . Correre tanto non è sinonimo di buona salute, anzi, rischia di uccidere quanto la sedentarietà. A rivelarlo è uno studio del Frederiksberg Hospital di Copenhagen pubblicato sul Journal of American College of Cardiology. Secondo i ricercatori danesi, chi non svolge attività fisica a livello agonistico deve allenarsi in maniera moderata non più di tre volte alla settimana per un massimo di 2,4 ore complessive, cercando di non superare gli 8 km/h. I ricercatori hanno selezionato 5048 partecipanti sani e con un'età compresa tra i 20 e gli 86 anni, monitorandoli per dodici anni. In base allo stile di vita, il campione è stato suddiviso in due gruppi: 1.098 persone dedite al jogging e 413 con abitudini sedentarie. Dopo dodici anni gli studiosi danesi hanno registrato la morte di 28 corridori e di 128 sedentari. Analizzando i dati riguardanti la frequenza cardiaca, le ore di allenamento e la velocità di corsa di ognuno dei partecipanti, gli autori dello studio hanno individuato due profili di corridori: i "light joggers" e gli "strenuous joggers". I primi (i corridori "leggeri") non superano le due ore e mezza di esercizio alla settimana e mantengono una velocità entro gli 8 km/h, mentre i corridori "forti" si allenano per più di quattro ore settimanali e corrono a velocità superiori agli 11 km/h. Il dato più allarmante della ricerca riguarda il tasso di mortalità dei corridori "forti". Dopo dodici anni, infatti, i fautori del jogging intenso condividono con i sedentari gli stessi rischi di morte per eventi cardiovascolari. Inoltre la pratica della corsa moderata è risultata associata a una mortalità più bassa e una frequenza cardiaca migliore. Come spiega il dottor Peter Schnohr, uno degli autori dello studio, "se l'obiettivo è quello di diminuire i fattori di rischio cardiovascolare fare jogging un paio di volte a settimana ad un ritmo moderato è una buona strategia. Di più può solo danneggiare'.

Ma nonostante ciò continuiamo ad assistere a queste tragiche morti improvvise e la domanda sorge spontanea: esiste un modo per prevenirle? La considerazione principale è che la morte improvvisa nel 90% dei casi riconosce una causa ischemica cioè una malattia coronarica, altrettanto vero è che nei giovani la maggior parte dei casi è invece dovuta a causa congenita, solitamente aritmogena (displasia aritmogena del ventricolo destro, sindrome di Brugada, sindrome del Q T lungo, origine anomala delle coronarie dall’arteria polmonare, aneurisma cerebrale, aortomalacia e aneurisma dell’aorta ecc …). Un caso clamoroso riguarda una ragazzina di 13 anni sportiva, di Barberino del Mugello, stramazzata improvvisamente al suolo dopo una passeggiata con la madre. Anche il Dottor Roberto Baldi Medico legale dello Sport commentando la notizia sottolineava che dietro le morti improvvise dei giovani si nascondono malattie cardiache congenite e che le cause non cardiache sono rilevabili solo in una minoranza di casi. Purtroppo anche l’autopsia aiuta poco a formulare delle statistiche, in quanto nei difetti elettrici del cuore solo quando è in funzione, quindi passa energia, è possibile individuare delle anomalie. In pratica e come se pretendessimo di individuare un difetto in una centralina elettronica ma in assenza di corrente elettrica. Anche per quanto riguarda l’adulto in caso di morte improvvisa da insufficienza coronarica acuta, l’autopsia può anche non rilevare anomalie significative in quanto il muscolo cardiaco non ha il tempo di manifestare le lesioni tipiche micro e macroscopiche dell’ischemia che solitamente sono l’edema e l’infarcimento emorragico. Certamente non abbiamo la bacchetta magica per poter prevenire in modo assoluto questi tragici episodi, però possiamo ricordare alcuni principi fondamentali che ci possono aiutare nella prevenzione:

-Sforzi estremi sono potenzialmente rischiosi. 
-L’intensità dello sforzo deve sempre essere proporzionata alle capacità individuali, - Mai andare oltre le proprie possibilità. 
-Non fare sforzi intensi se non si è adeguatamente allenati. -Evitare di fare sforzi intensi in condizioni climatiche particolarmente avverse: sotto il sole cocente, con caldo torrido e umidità molto elevata; in questi casi è più facile incorrere nel cosiddetto colpo di calore, si può andare incontro a disidratazione, aumento della densità del sangue (ematocrito) con rischio di trombosi, perdita dei Sali minerali 
– elettroliti, importanti per l’equilibrio elettrico del cuore e se carenti spesso responsabili di gravi aritmie anche mortali. 
 -Eseguire adeguati controlli medici e strumentali che evidenzino la piena integrità fisica e l’idoneità alla pratica sportiva.

Dopo queste considerazioni possiamo solo aggiungere che esistono ulteriori test clinici che possono integrare i pur numerosi e validi esami di routine previsti per legge: Nel caso dei soggetti giovani e comunque al di sotto dei 35 anni lo studio dei potenziali tardivi, un particolare elettrocardiogramma di superficie quindi non invasivo, ad alta risoluzione e senza filtri, che in caso di positività è predittivo di aritmie maggiori e può consigliare un più approfondito studio elettrofisiologico intracavitario cardiaco. Nel caso invece degli adulti abbiamo introdotto da alcuni anni una metodica ambulatoriale rapida e non invasiva per lo studio delle coronarie: la Tomografia Computerizzata chiamata Coronaro TC.

Per noi cardiologi infatti non è infrequente trovare soggetti con test da sforzo normale e concomitante malattia coronarica anche severa e sub occlusiva. Questo significa che alcune patologie potenzialmente gravi e rischiose possono sfuggire anche ai più severi controlli. Resta il problema di chi sottoporre a queste sofisticate indagini che ovviamente non possono e non devono essere estese a tutti. Per questo motivo sulla base dell’esperienza clinica ho formulato un protocollo specifico, basato sui più noti e comuni fattori di rischio cardiovascolare (familiarità, ipertensione, fumo, colesterolo, diabete, obesità viscerale, sindrome metabolica , ecc.) ad ogni fattore viene poi attribuito un punteggio (Score risk) e quando la somma dei valori raggiunge un valore soglia (Score border risk ) è indicato lo studio incruento delle coronarie tramite la Tomografia Computerizzata -Coronaro TC

Non possiamo tornare indietro ma possiamo pensare ad un futuro più sicuro per i nostri atleti.





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